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mercoledì 7 marzo 2012

La retorica dell'inglese per tutti

Non si può certo negare l'utilità della lingua inglese nel lavoro e più in generale nelle comunicazioni; comprensibile quindi che i progetti di riforma si preoccupino di diffonderne maggiormente  la conoscenza a tutti i livelli dell'istruzione scolastica. Ma un articolo di Tullio Gregory apparso oggi sul "Corriere della Sera" (leggi l'articolo) mette in guardia dai rischi della "retorica dell'inglese per tutti ". "Mentre la conoscenza e la pratica della lingua italiana regredisce nelle nostre scuole medie e la capacità di comprendere un testo scritto è sempre più ridotta negli adulti" ammonisce Gregory "si apre il miraggio dell'inglese come lingua comune dalle scuole alberghiere all'università: tutti dovranno parlare inglese, i portieri d'albergo come i professori, almeno per i dottorati di ricerca". L'uso di tale lingua è assunto dall'Anvur, l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario della ricerca,  tra i parametri principali nella valutazione di "quello che, significativamente, è definito "prodotto", termine usato per indicare il risultato della ricerca scientifica [...] come se il valore della ricerca e dell'insegnamento dipendesse dalla lingua in cui si esprime". Del resto, sempre secondo l'Anvur, le pubblicazioni andrebbero valutate in gran parte sulla scorta del numero di citazioni collezionate nel giro di pochi anni (ed è chiaro che un articolo scritto in una lingua che molti conoscono ha più probabilità di essere letto; ma questo non è di per sè indice di maggiore qualità). "Cerchiamo di formare cittadini colti attraverso percorsi scolastici rigorosi" conclude Gregory "saranno migliori anche i "prodotti" per le imprese".

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